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11 agosto 2005

La faccia come il culo 2: Erich Priebke e i suoi amici Nazionalitaliansocialisti (Italian Nazi)

E' in momenti come questi che la vergogna di essere italiano oggi sale sempre più.
Si chiede la grazia per un criminale al cui confronto Osama è un mite criceto e quando giustamente la grazia viene rifiutata c'è chi grida allo scandalo.

Tornando alla vergogna, essere italiano oggi vuol dire: non ricordare, non voler ricordare, voler ricordare da fascista o nazista oppure essere rincoglionito dalla vecchiaia come
Mario Cervi che vorrebbe riportare il discorso verso l'essere umano Priebke, come se una bestia di tale proporzioni possa essere, ieri come oggi con i suoi 92 anni, considerato umano.
Certo che l'italiano di oggi sta messo male : vecchio, smemorato, rincoglionito e fascista, mah?!?

Aggiungo che il sor Priebke, dopo essersi concesso 50 anni di grazia da solo, sta passando l'estat
e 2005 in un bel villino con tutte le comodità e poi, per gli smemorati, farei un pò di storia:


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Erich Priebke (Hennigsdorf, 29 luglio 1913) Capitano delle SS durante la seconda guerra mondiale in Italia, dove partecipò alla pianificazione ed alla realizzazione della strage delle Fosse Ardeatine.

Aderì al Partito Nazista dei Lavoratori Tedeschi nel 1933, segnalandosi come un membro estremista e fanatico. Queste caratteristiche piacquero a Heinrich Himmler, che lo fece entrare nelle SS e che lo aiutò nella scalata verso il vertice dell'apparato militare tedesco.

Nel corso della Seconda Guerra Mondiale soggiornò in Italia, dove insieme ad altri militari tedeschi partecipò al cordinamento delle tattiche e le strategie che il Terzo Reich avrebbe dovuto adottare nella penisola. Nel 1942 divenne capo della sezione di Brescia della Gestapo: in questo ambito si distinse per l'aggressività e l'insensibilità con cui trattò gli italiani.

L'anno successivo si trasferì a Roma sotto il comando di Herbert Kappler, che in seguito Priebke considererà come un maestro. Dopo l'attentato (nota di MarianOne: "l'atto di guerra verso un esercito occupante") che i Gruppi d'azione patriottica (o GAP) fecero ai danni di una compagnia del battaglione "Bozen" in via Rasella, il 23 marzo 1944, Kappler lo coinvolse nell'organizzazione delle esecuzioni di 335 ostaggi, da fucilare (in risposta ai 33 tedeschi morti) alle Fosse Ardeatine.

Dopo la sconfitta della Germania, Priebke si trasferì in Argentina (la leggenda, mai confermata, narra che Papa Pio XII aiutò lui e altri gerarchi nazisti a fuggire nel paese latinoamericano), e più precisamente a San Carlos de Bariloche, un paesino che si trova vicinissimo alle Ande. Riuscì quindi a sfuggire al Processo di Norimberga e, anche se i servizi segreti israeliani per molto tempo gli diedero la caccia, non fu mai scoperto.

Fu rintracciato solo 1994, allorchè un membro del "Centro Simon Wiesenthal" lo riconobbe e ne segnalò la locazione alle autorità argentine, che lo credevano morto da tempo. Prontamente estradato in Italia dalla giustizia argentina, nel novembre 1995 il governo (in quel momento guidato da Lamberto Dini) chiese ed ottenne la processazione di Priebke per crimini di guerra.

Accusato di aver realizzato l'eccidio delle Fosse Ardeatine, Priebke fu dichiarato colpevole di omicidio plurimo dal Tribunale militare: tuttavia non fu condannato a causa della prescrizione del reato e per la concessione delle attenuanti. La sentenza fu ovviamente criticata, sia in Italia che all'estero, dagli ebrei, che si sentivano offesi dall'assoluzione di quello che loro reputano "un aggressivo e pericoloso criminale di guerra".

In ogni caso, la Corte di Cassazione annullò quella sentenza, rendendo così obbligatorie nuove udienze (e quindi nuove accuse) per Priebke. Egli fu prima condannato a 15 anni, poi ridotti a 10 per motivi di età e di salute; poi, nel marzo del 1998, la Corte d'Appello militare lo condannò all'ergastolo, insieme all'altro ex ufficiale delle SS Karl Haas. La sentenza, seppur confermata nel novembre dello stesso anno dalla Corte di Cassazione, è stata condonata agli arresti domiciliari a causa dell'età avanzata dell'imputato.