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30 giugno 2005

Mariano....

...nome di merda, ma ogni tanto....un pò di gloria (dal sito di Mariano Tomatis):

Arte recentissima e poco diffusa, l'ambigrammatica si pone come obiettivo il riconoscimento e l'eventuale forzatura di forme simmetriche dal significato immediatamente evidente al lettore, che per le loro caratteristiche possono essere riflesse, ruotate o deformate mantenendo tale significato.

Così scritto, il nome MARIANO può essere ruotato di 180° mantenendo la stessa forma. La realizzazione si basa sul disegno di una M che, capovolta, si legge come NO (due lettere vengono fuse in una), di una A dotata di simmetria centrale e di una R che, capovolta, mostra una I. L'ambigramma mostra una evidente simmetria centrale. Lo stampatello avrebbe impedito una realizzazione del genere: la scelta del carattere minuscolo si è imposta, data la natura delle lettere in gioco.

Diversi artisti possono proporre soluzioni differenti per uno stesso nome, come si può constatare dalle seguenti "opere" :




Sfruttando la stessa simmetria verticale, è possibile creare ambigrammi ciclici, che mostrano periodicamente lo stesso nome:

Gli ambigrammi più complessi sono conosciuti col nome di Figura-Sfondo: realizzati in due colori, sono fatti in modo che lo spazio di sfondo lasciato dalla figura che compone la scritta diventi a sua volta figura quando viene capovolto di 180°, scambiandosi così con la prima figura. Eccone un esempio, che mostra il nome MARIANO in bianco su nero e, capovolto, in nero su bianco.

15 giugno 2005

L'esito del Referendum...

... lascia poco da commentare e scusate se ci arrivo con qualche giorno di ritardo.

ANDATE AFFANCULO VOI ITALIANI DI MERDA E QUESTO CAZZO DI PAESE DI MERDA.

Punto!

Il resto, le motivazioni, il tentativo del maiale berlusca di portare acqua al suo mulino, dei porporati con le mani insanguinate che sbandierano la vittoria del cattolicesimo, etc..., è solo chiacchiera e poco distintivo per un popoolo che, appunto, popolo vuol definirsi.
La "gens" italica, pessapochista e ottusa mi ha veramente rotto i coglioni.
Un popolo incapace di prendere posizione su qualcosa di veramente importante per il suo futuro, incapace di riuscire a capire qualcosa che sia un poco + difficile da leggere di Oggi o dell'Espresso che corre dietro solo ad apparenza e televisione....
...ma tenetevi le vostre cazzo di fiction, di defilippi di merda e i vostri valentinorossieilritornodimaradona.

Io me ne vado in vacanza, non solo letteralmente e non solo dal dal Blog, stavolta mi avete fatto veramente incazzare.

Fanculo ancora!!!!

10 giugno 2005

Un'altra informazione è possibile: Etiopia, strage di manifestanti

Da Peace Reporter - la rete della pace

Chiaro esempio di come una informazione diversa e "vera" sia possibile, basta solo impegnarsi un pò nella ricerca e non subire passivamente le notizie che i media di regime amano propinarci. La notizia di Peace Reporter non è stata riportata in maniera evidente da nessun media "non schierato, democratico e civile" del nostro democratico e civile paese, in una informazione persa tra il ritorno di Maradona a Napoli e le cazzate dei leghisti sulla diatriba euro/lira.

Etiopia - Addis Abeba - 08.6.2005
Etiopia, strage di manifestanti
Reportage dalla capitale etiope, dove si contano i morti della repressione governativa

dall'inviato di Peace Reporter: Emilio Manfredi

Quando siamo arrivati a Mexico Square la zona era completamente presidiata dalla Federal Police. Non sparavano più. Abbiamo visto centinaia di manifestanti feriti, colpiti alla testa durante gli scontri con i militari che hanno caricato la folla picchiando con i calci dei fucili.
Altre centinaia di persone arrestate venivano caricate sui camion militari e portati verso una vicina base dell’esercito.
Mentre fotografavamo uno di questi camion siamo stati arrestati dalla polizia e portati in un commissariato. Volevano sequestrarci la macchina fotografica.
Dopo un’ora di fermo, grazie al tempestivo intervento della diplomazia italiana siamo stati rilasciati.
La strage di Merkato. Il bilancio della manifestazione di questa mattina nel quartiere di Merkato oscilla tra i 22 e i 24 morti, più almeno un centinaio di feriti. Quando siamo usciti dall’ospedale “Balck Lion”, dove sono arrivati una dozzina di morti, abbiamo visto altre ambulanze dirigersi verso gli altri ospedali della città.
L’atmosfera ad Addis Abeba è spettrale e tesissima. La zona dove sono avvenuti gli scontri è presidiata dalle forze armate. In un’area di nemmeno due chilometri quadrati abbiamo incrociato una decina di camion dell’esercito e una quarantina di pick-up carichi di soldati armati fino ai denti, con le mitragliatrici su treppiede puntate verso le poche persone che si aggirano per le strade. Tutti i negozi sono chiusi, non c’è una serranda alzata. Per terra i segni delle sassaiole e del sangue dei manifestanti. Ma le due strade dove sono avvenute le sparatorie sono inaccessibili, chiuse dai soldati e dalla polizia.

Il cadaveredi un manifestante all'ospedale, la testa, colpita da un proiettile, è tenuta insieme dalle bende Finiti con un colpo alla testa. “Questa mattina stavamo manifestando nel quartiere di Merkato. La Federal Police ha sparato subito contro di noi. Decine di persone sono cadute a terra. Poi sono arrivati i Berretti Rossi che hanno dato il colpo il grazia ai feriti, sparando loro in testa, sul viso o alle tempie”. E’ il racconto di uno dei circa novanta feriti arrivati all’ospedale “Black Lion” assieme a dodici morti, tutti uccisi con un colpo ravvicinato alla testa. Le vittime sono tutti giovani tra i diciotto e i trent’anni: studenti e lavoratori che oggi, giornata di sciopero generale, sono scesi in piazza sfidando l’imponente apparato militare e poliziesco che tiene la capitale sotto un non dichiarato, ma evidente, stato d’assedio.

Sciopero generale.
Fin da questa mattina ad Addis Abeba si respirava un'atmosfera irreale. Da stamane era iniziato uno sciopero quasi totale di taxi e minibus, praticamente gli unici mezzi di trasporto utilizzati dalla popolazione, eccezion fatta per i pochi autobus statali.
“Non era più possibile andare avanti così. Abbiamo votato, perche’ vogliamo un paese democratico. Il governo ha perso e ora si deve fare da parte. I soldi del lavoro per me sono fondamentali, ma la libertà è piu’ importante”, aveva detto Alemayu, ventuno anni, tassista, mentre sorseggiava un caffe’ seduto ai tavolini di un bar. L’opposizione, che non ha alcun tipo di capacita’ militare, cerca di non lasciarsi scappare di mano la situazione, e propone una protesta pacifica ma determinata. “Abbiamo vinto, la protesta della società civile etiopica deve essere compresa dal governo, che deve farsi da parte. Se il primo ministro deciderà di difendere il proprio potere con la forza bruta, sarà direttamente responsabile delle conseguenze.” Purtroppo i timori di Alemayu si sono subito avverati.

Feriti all'ospedale Una città sotto assedio.
Oggi ad Addis si cammina a piedi: flussi enormi di persone si spostano per le strade, per tentare di vivere una giornata il più possibile normale. La maggior parte dei negozi dei suq ha le serrande abbassate. Molti non aprono da diversi giorni. A ogni angolo di strada, decine e decine di uomini della Federal Police, della Polizia di Addis Abeba, e dei corpi speciali dell’esercito, presidiano le strade. Camion militari, jeep, pick-up. Da un paio di giorni è comparsa addirittura l’artiglieria pesante, esibita di fronte ad una popolazione totalmente disarmata. Uno stato d'assedio mai dichiarato, ma ormai evidente. In attesa della prossima fiammata, i militari fermano i taxi fuori servizio e, minacciando i conducenti con le armi, li costringono a trasportare i passeggeri, mentre una pioggia battente sferza la citta’.

07 giugno 2005

Un altro Mediterraneo è possibile


Grazie ad una cordiale segnalazione dell'amico Enzo posto il seguente intervento di Danilo Zolo pubblicato sul Manifesto del 3 giugno 2004.

Strategie «Una strategia mediterranea dovrebbe ostacolare il progetto imperiale americano e aprire una breccia negli schieramenti manichei che oggi dividono il mondo»
DANILO ZOLO

Sono trascorsi dieci anni dalla Dichiarazione di Barcellona che ha lanciato il partenariato fra l'Europa e i paesi arabo-islamici della sponda meridionale del Mediterraneo. Sono numerose le celebrazioni che in questi mesi si richiamano all'anniversario in nome dell'«importanza strategica del Mediterraneo», idea che fu alla base della Dichiarazione e del programma di cooperazione che ne scaturì. Il Mediterraneo resta tuttavia un tema trascurato dalla cultura politica europea e italiana in particolare. La sinistra non sembra fare eccezione. Il Mediterraneo è per lo più ricordato come un capitolo di storia antica, glorioso ma superato. Oppure sopravvive come un tema letterario, à la Camus. Per molti europei è semplicemente una frontiera da pattugliare per sbarrare il passo ai migranti clandestini. Ma il Mediterraneo, con i 450 milioni di persone che abitano le sue sponde, dovrebbe essere pensato come un «grande spazio» e come una risorsa strategica.

Il Mediterraneo è anzitutto un crocevia di civiltà: vi si affacciano l'Europa, i paesi del Maghreb arabo e berbero, il Medio Oriente, la Turchia, i Balcani. Non è retorico affermare che il Mediterraneo, nel contesto dello «scontro fa civiltà» che ha il suo epicentro proprio sulla sua sponda orientale, potrebbe divenire un luogo di dialogo e di incontro. Potrebbe trasformarsi nel tavolo della pace fra l'Occidente e il mondo islamico e giocare un ruolo importante per l'avvio di un processo di pacificazione su scala globale.

Una condizione essenziale perché questo possa accadere, come ha suggerito Franco Cassano nel suo Homo civicus, è ripensare il rapporto fra il processo di unificazione dell'Europa, la sua appartenenza all'emisfero occidentale e le sue radici mediterranee. Oggi l'Europa, nella percezione diffusa degli stessi europei e non solo nella ideologia dei neocons statunitensi, non è che la periferia sud-orientale dell'impero atlantico: è la frontiera che separa il cristianesimo occidentale da quello orientale e dal mondo islamico. E l'impero atlantico ha le sue radici più profonde nel mondo anglosassone, capitalista e protestante, che poco o nulla ha in comune con le culture fiorite sulle sponde del Mediterraneo.

Nella sua attuale subordinazione atlantica l'Europa subisce una grave amputazione, che è all'origine della sua debolezza identitaria, della sua mancanza di autonomia politica, della sua impotenza come soggetto internazionale. L'Europa è costretta a pensarsi come «Vecchia Europa», e cioè come una fase superata dello sviluppo storico che ha portato all'affermazione della civiltà occidentale. In questa prospettiva l'Europa è identica agli Stati uniti, salvo la sua arretratezza politica e militare, che la rende un parassita della superpotenza americana.

Il suo sistema di protezioni sociali e di garanzie dei diritti non è più in grado di sostenere la spinta dei processi di globalizzazione che impongono logiche concorrenziali sempre più aggressive. Il suo ossequio alle regole del diritto internazionale è il lascito di una diplomazia paludata e aristocratica oggi del tutto inadatta a fronteggiare le sfide di un mondo anarchico. L'Europa avrebbe dunque un solo dovere: riconoscere che il suo destino è stare nella scia degli Stati uniti accettandone docilmente la guida.

Rispetto all'immagine di un'Europa «sentinella dell'impero atlantico», un recupero della dimensione euro-mediterranea si presenta come una possibile alternativa strategica, e non soltanto sul terreno politico. Un'Europa che riscoprisse le sue radici mediterranee potrebbe profilarsi, lungo il crinale incandescente che oppone il nord-ovest del mondo al sud-est del mondo, come uno spazio di mediazione e di neutralizzazione degli opposti fondamentalismi.

Ma non ci sono soltanto gli arcaici fondamentalismi etico-religiosi con cui fare i conti. C'è anche il fondamentalismo della modernità: è l'ideologia di quelle élites politiche e culturali che al di fuori del cerchio della modernità vedono solo barbarie, oscurantismi, tirannie e oppressioni. E c'è nel mondo occidentale un fondamentalismo acquisitivo e consumista, dominato dalla competizione, dall'efficienza produttiva e dalla velocità. E' un mondo senza misura e senza bellezza, nel quale lo sviluppo dell'economia e della tecnica non incontra alcun limite, perché l'unico valore è il dominio dell'uomo sulla natura e dell'uomo sull'uomo.

Un recupero dello «spazio mediterraneo» potrebbe fornire risorse di consapevolezza culturale e politica capaci di produrre effetti identitari per gli attori di entrambe le sponde del Mediterraneo, in particolare per i paesi maghrebini, spingendoli ben oltre l'orizzonte dell'Unione del Maghreb arabo. E richiederebbe da parte dei paesi euromediterranei - Spagna, Francia e Italia anzitutto - un rilancio del programma di collaborazione euromediterranea e una critica severa del nuovo disegno strategico del Broader Middle East, avanzato dagli Stati uniti e fatto proprio dalla Nato. Questo disegno intende attribuire agli Stati uniti una funzione di controllo egemonico, in nome della democratizzazione del mondo islamico, dell'intera area che va dalla Mauritania al Pakistan. Israele ne sarebbe l'architrave politico, economico e nucleare, l'identità del popolo palestinese verrebbe definitivamente cancellata, l'Europa resterebbe emarginata per sempre.

Una strategia mediterranea dovrebbe proporsi di ostacolare questo progetto imperiale e tentare di aprire una breccia nella compattezza degli schieramenti manichei che oggi dividono il Medio Oriente e il mondo intero. Una mobilitazione euro-mediterranea che si facesse portatrice di questa prospettiva dovrebbe coinvolgere le società civili di entrambe le sponde, attivando le molte energie disponibili, oggi disperse ed emarginate. L'impegno dei movimenti giovanili, delle associazioni culturali, dei sindacati, delle università, delle organizzazioni femminili potrebbe dare frutti insperati e mostrare che un altro Mediterraneo è possibile.

Freewayblogger, attivismo di comunicazione sulle autostrade.

Da Neural.it (rivista online di Hacktivism, e-music, new media art)

La pubblicità nella sua debordante espansione alla disperata ricerca d'attenzione da parte di potenziali acquirenti ci indica quotidianamente come sfruttare ogni possibile millimetro quadro pubblico per 'fare comunicazione', nell'illusione (ahinoi supportata da studi statistici) che ogni ripetizione di un dato messaggio contribuisca significativamente alla sua permanenza nella nostra memoria. Gli spazi pubblici, quindi, sono diventati un'arena che ingaggia le nostre menti in un tour de force di stimoli, la maggior parte dei quali omologati in un pugno di categorie standard. Freewayblogger è un attivista che scelto come suo terreno d'azione le autostrade (highways) americane. Il suo attacco mediatico si espleta in gradi cartelli appesi ai ponti, calvalcavia, recinzioni, muretti di protezione e quant'altro contorni le grandi arterie percorse dalle automobili. Quest'attività, oltre ad avere una serie di non banali questioni pratiche e legali (tutte debitamente affrontate dallo stesso autore), combina diverse discipline, inclusa ovviamente, quella della comunicazione di massa. A rimarcarne l'importanza basta provare a stimare il numero di potenziali utenti di questi messaggi che possono arrivare anche a decine di migliaia in zone particolarmente trafficate. Il tutto fabbricato con mezzi poverissimi, ma attentamente studiato e documentato, per la sua espansione virale, su un sito web che ne documenta azioni e tecniche.

04 giugno 2005

Un Blasfemo (dietro Ogni Blasfemo C'è Un Giardino Incantato) - Fabrizio De Andrè

Mai più mi chinai e nemmeno su un fiore,
più non arrossii nel rubare l'amore
dal momento che Inverno mi convinse che Dio
non sarebbe arrossito rubandomi il mio

Mi arrestarono un giorno
per le donna ed il vino,
non avevano leggi per punire un blasfemo,
non mi uccise la morte,
ma due guardie bigotte,
mi cercarono l'anima a forza di botte

Perché dissi che Dio imbrogliò il primo uomo,
lo costrinse a viaggiare una vita da scemo,
nel giardino incantato lo costrinse a sognare,
a ignorare che al mondo
c'è il bene e c'è il male

Quando vidi che l'uomo allungava le dita
a rubargli il mistero di una mela proibita
per paura che ormai non avesse padroni
lo fermò con la morte, inventò le stagioni

...mi cercarono l'anima a forza di botte...
E se furon due guardie a fermarmi la vita,
è proprio qui sulla terra la mela proibita,
e non Dio ma qualcuno
che per noi l'ha inventato,
ci costringe a sognare in un giardino incantato.

Per Adriano Petta e per tutti quelli come noi che almeno qualche domandina se la sono posta!

01 giugno 2005

Eternity - William Blake

Eternity
Ho who bends to himself a Joy
Doth the winged life destroy;
But he who kisses the Joy as it flies
Lives in Eternity’s sunrise.

Eternità
Chi lega a sé una Gioia
Distrugge la vita alata;
Ma chi bacia la Goia in volo
Vive nell’alba dell’Eternità.

William Blake
traduzione di Georges Bataille